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Medal of Honor Warfighter: videoarticolo
Medal of Honor Warfighter: videoarticolo
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Era il 2002 quando Medal of Honor Allied Assault stabilì un nuovo punto di riferimento per quanto riguarda il genere degli sparatutto in prima persona militari. I fan di questo tipo di gioco lo ricordano principalmente per la sontuosa sequenza dello sbarco in Normandia, che consentiva di vivere all'interno di un videogioco la concitazione e l'emozionalità dell'analoga scena del film Salvate il Soldato Ryan di Steven Spielberg. Di tutta quella profondità oggi rimane ben poco con il nuovo Medal of Honor sviluppato da Danger Close. Dopo mezzo fallimento del primo capitolo della nuova serie del 2000, infatti, Electronic Arts ha assegnato il franchise Medal of Honor alla software house che in passato si è occupata di Command & Conquer, che adesso puà usufruire del motore grafico all'avanguardia Frostbite 2.
Partiamo dalla storia. Quello che EA chiede a Danger Close è di conferire al media videoludico il pathos, la concitazione e il coinvolgimento di un buon film d'azione a sfondo militare. Il gioco deve essere fortemente narrato e costruire attorno al giocatore uno scenario credibile, il più possibile realistico, in cui poi si svolgono le azioni militari.
In Warfighter sono due i protagonisti principali: i soldati "Preacher" e "Stomp". Nel caso del primo Danger Close ha inserito anche una sottotrama personale: Preacher, infatti, è appena tornato da una missione segreta, che l'ha tenuto lontano dalla famiglia per molto tempo. Deve riallacciare i rapporti con moglie e bambina quando una nuova emergenza internazionale esplode, e la CIA richiede nuovamente il suo intervento. Queste sequenze, che dovrebbero essere quelle emozionali secondo i piani di Danger Close, vengono intervallate alle sequenze militari.
La crisi internazionale esplode quando un esplosivo estremamente letale (il PETN) penetra nella società civile e provoca lo scontro dei due mondi in cui si divide. La crisi esplode in vari focolai differenti, che mettono in moto le personalità più nascoste e illustri dello scambio di armi illecito e del mondo del finanziamento della guerriglia organizzata. Però i piani iniziali incontrano tantissime difficoltà in Warfighter. La campagna è estremamente frammentaria: sostanzialmente il giocatore segue tante storie differenti, ognuna per un livello di gioco. Perde il filo conduttore che sta dietro le vicende, che oltretutto è un pretesto senza alcuno spunto di originalità, e finisce per andare avanti nella storia solo per godersi la grafica, i momenti più spettacolari e per sparare su bersagli che non hanno anima.
Dalle prime missioni emergono delle interessanti novità alle meccaniche di gioco. Le coperture, nella fattispecie, appaiono ben implementate e consentono al giocatore di agire in maniera tattica, nonostante non possa ancora impartire ordini agli altri soldati. I livelli di gioco sono appositamente studiati da Danger Closer per rimarcare questa novità nelle meccaniche di gioco: si tratta di ambienti sempre molto ampi in cui capita frequentemente di dover attaccare dei bersagli che si trovano distanti anche chilometri. Tutto ciò genera un conflitto di posizioni, in cui non è facile colpire gli avversari proprio a causa delle grandi distanze e del fatto che riescono a sfruttare le tante coperture offerte dalle mappe.
Adesso i tempi di denotazione delle granate sono più lunghi, e queste fanno danno su un raggio più ampio. Questa scelta probabilmente è stata presa per creare un'opportunità di risoluzione dei conflitti di posizione. Il giocatore, inoltre, si ritrova molto spesso a dover andare alla ricerca di proiettili: può chiederli semplicemente ai suoi compagni, che gli forniranno munizioni supplementari, o ricorrere all'arma secondaria, che gode di proiettili infiniti.
Quando ci si avvicina a una porta chiusa il team Tier 1 si dispone intorno alla porta in posizione strategica per cercare di essere il più efficiente possibile durante l'assalto. Si può usare un piede di porco o un tomahawk per entrare e dopo l'abbattimento dell'ostacolo parte una sequenza altamente spettacolare con tempo rallentato. Il giocatore deve uccidere, entro la fine dello slow motion, tutti i bersagli che si trovano subito dietro la porta per accumulare punti e sbloccare nuove armi per l'attacco alle porte successive.
La balistica dei colpi, inoltre, rimane quella di Battlefield 3. La rosa dei proiettili, dunque, si apre molto rispetto ai precedenti giochi DICE e c'è più probabilità che uno di essi finisca sulla sagoma dell'avverario, magari sulla testa causandone l'immediata morte.
I momenti maggiormente gratificanti da giocare e assolutamente godibili sul piano grafico riguardano le fasi di guida dei veicoli, sviluppate da Criterion Games sul motore di Need for Speed. Il modello di guida è godibile e i livelli di gioco ben fatti, per via di tante curve, scenari realistici e del traffico che si comporta in maniera quasi sempre intelligente. La grafica è letteralmente sontuosa, visto che il veicolo può deformarsi e danneggiarsi grazie al motore di Need for Speed.
Il multiplayer di Medal of Honor Warfighter è al contempo un adattamento e una riduzione del multiplayer di Battlefield 3, in modo da avvicinarlo il più possibile a quello di Call of Duty. In Warfighter avremo così le killstreak e le killcam con azione rallentata, esattamente come in Cod. Ma l'infrastruttura di gioco, la stessa tecnologia e le meccaniche di fireteam di Battlefield 3 sono pensati per altri scopi, ovvero per avere un multiplayer strategico impostato sul movimento dei soldati su ampie mappe, e la forzatura delle meccaniche di Cod in questo contesto finisce per rendere il multiplayer di Warfighter piuttosto vacuo.
Nel multiplayer di Medal of Honor Warfighter l’enfasi è tutta posta sul fatto che è possibile impersonare le principali forze speciali delle più grandi nazioni del mondo. Ogni team è caratterizzato da diverse peculiarità, sia per quanto riguarda le armi preferite, sia per quello che concerne gli strumenti di supporto speciali. Per esempio, i canadesi sono specializzati nell’uso delle mitragliatrici leggere, nel fuoco di soppressione e possono ricevere l’aiuto di un Blackhawk (che fungerà da respawn continuo in un punto a scelta della mappa).
Per ogni uccisione che si realizza sul campo di battaglia e per ogni obiettivo conseguito si guadagnano punti esperienza che consentono di sbloccare un nuovo tipo di soldato. Per ogni sblocco, oltre a un soldato appartenente a una precisa classe, otterremo anche nuove modifiche per le armi e pezzi di equipaggiamento che possono darci qualche vantaggio sul campo di battaglia. Tutti i pezzi possono essere combinati per personalizzare le proprie armi, che alla fine consegnano un feeling simile a quello di Battlefield 3 per quanto riguarda capacità di fuoco e adattamento ai vari mirini.
Danger Close ha avuto a disposizione uno dei migliori motori grafici oggi disponibili nell'industria dei videogiochi. È riuscita a fare cose considerevoli nel single player, che è a tratti ampiamente spettacolare, con un dettaglio visivo difficilmente riscontrabile in alti giochi. Il single player è accattivante anche per la fisica, con effetti di distruzione utilizzati in quasi tutti i livelli di gioco, che rendono il tutto ancora più fedele e credibile rispetto al single player di Call of Duty. Dal punto di vista tecnico, però, per certi versi la cosa più interessante in assoluto è l'audio. Danger Close ha ben sfruttato il lavoro fatto da DICE, riutilizzando alcuni dei suoni campionati dalla realtà per Battlefield 3 per la riproduzione delle esplosioni o delle collisioni fra masse molto grandi.
Medal of Honor Warfighter, quindi, se da una parte si fa apprezzare per l'aspetto tecnico, e per questo va consigliato a chi ama le novità nel mondo della grafica, dall'altra presenta dei limiti evidenti in termini di storia e di gameplay, oltre che negli equilibri di gioco nel multiplayer. Per gli altri dettagli sullo sparatutto Danger Close vi rimandiamo alla recensione pubblicata su Gamemag.
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